Lo spunto per queste riflessioni nasce da un articolo di giornale e dal vecchio post di un amico nel suo blog. Ciao Lorenzo, ti ricordi “Radici e terra”?
I ricordi hanno un peso specifico e una valenza diversi da persona a persona. Per qualcuno sono un peso insopportabile di cui disfarsi il prima possibile, altri li vivono come una catena, legami col passato di cui ci si vorrebbe liberare, e magari non si riesce, per altri ancora invece sono una ricchezza, una miniera inesauribile di emozioni e sentimenti che ci fanno essere quello che siamo e ci rendono più umani, più vulnerabili dunque ma anche più autentici.
A ben guardare cosa sono i ricordi se non le tracce del nostro passato, le storie e le esperienze che abbiamo vissuto e che in qualche modo ci hanno segnato?
Ci sono certo ricordi felici e ricordi dolorosi, ma è la vita che è così; gli uni e gli altri sono indissolubilmente legati e costituiscono le nostre radici, testimonianze dirette di un’esistenza che è la nostra. Non c’è nulla di più personale e di più unico, come unico è ciascuno di noi.
Parlare di ricordi vuol dire parlare di nostalgia, un sentimento che spesso è stato interpretato come potenzialmente patologico, indice di una tendenza alla depressione.
Proviamo nostalgia per persone e cose che non ci sono più, e questo vuol dire fare i conti con la caducità della vita, con il tempo che, inesorabile, scappa via e non ritorna. Ma la inevitabile tristezza può, deve lasciare spazio a un altro sentimento, a un’altra consapevolezza: ricordo e nostalgia sono forse gli unici strumenti che abbiamo per rendere in qualche modo eterne persone e cose che appartengono al passato , e che diversamente sarebbero perse per sempre.
Cogliere questa forza, questa potenza del ricordo rappresenta dunque, in qualche modo, un invito, una sollecitazione a vivere appieno il presente. Viviamo intensamente, oggi, situazioni ed esperienze in modo da renderle memorabili, in modo da renderle, domani, degne di memoria e di ricordo.
Anche questo, credo, può rendere la vita più leggera.
Giancarlo Montalbini (pubblicato il 28 luglio 2013)